La prima cosa che devo dire è che il Marocco non è come me lo aspettavo.
Abbiamo visitato un’area estremamente verde, contrariamente alle distese desertiche che mi sarei aspettata.
Marrakech sembra la città dei giardini, tanto sono frequenti le aree verdi e, nei cortili interni delle case, i riad, la vegetazione cresce rigogliosa alimentando attorno a sé un’ecosistema, fatto di uccellini rumorosi e giocosi ed altri animali. In certi paesaggi si trovano similitudini con la puglia, granaio d’Italia e regno di ulivi secolari o con l’entroterra siciliano, brullo e secco d’estate, un’estate che qui ha già fatto il suo trionfale ingresso.
La gente non è come mi aspettavo. Ricordo con fastidio l’esperienza provata nel suq in Tunisia, pur essendo una zona molto turistica e sicura, venivi strattonato, occhieggiato e trasportato con forza dentro i negozi. Nulla di tutto ciò è accaduto a Marrakech, in cui le offerte commerciali non hanno assunto toni esageratamente molesti. La contrattazione è davvero un gioco a cui si è indotti a partecipare per rispettare la tradizione del paese.
Il cibo è invece esattamente come me lo aspettavo, ossia fantasmagorico. Una combinazione di ingredienti freschissimi e genuini con spezie ed odori di ogni genere, cui è impossibile resistere. Il cous cous è buonissimo, le tajine sono, poi, particolarmente indicate per gli amanti della carne. Quella che mi ha maggiormente sorpreso è la frutta, succosa e dolce, veramente deliziosa.
Inoltre, una strana condizione che non so se riuscirò bene ad esprimere è che Marrakech sembra coniugare il silenzio ed il caos. Il caos dei conducenti di ogni tipo di mezzo, assolutamente incuranti delle regole di sopravvivenza, dalle biciclette ai camion di merci e persone, delle merci in mostra al mercato, numerose e spesso disordinate, della piazza dove si svolge ogni tipo di spettacolo musicale, di incantamento dei serpenti o di scambio di beni. Il silenzio dei suoi giardini ordinati in cui si può trascorrere ore a passeggiare, dei suoi cortili interni in cui ripararsi all’ombra degli alberi nel pomeriggio, sorseggiando del the alla menta e mangiando biscottini di marzapane e delle sue terrazze in cui cenare a lume di candela quando il caldo concede una pausa e si sente soltanto l’eco della voce dell’imam che dalla moschea chiama alla preghiera.